Indicazioni, limiti e razionale biologico
1) Qual è il problema clinico principale?
La perdita traumatica di un dente anteriore in un paziente giovane ha conseguenze immediate su estetica, fonazione e funzione, con impatto psicologico non trascurabile. La sostituzione di tale elemento con una riabilitazione implanto-protesica potrebbe rappresentare la soluzione ideale, tuttavia ci sono delle criticità. L’impianto osteointegrato, per sua natura anchilotico, non partecipa all’eruzione secondaria né al rimodellamento dento‑alveolare e di conseguenza non migra con i denti adiacenti come avviene nel soggetto giovane. Nel tempo ci si può attendere quindi infraocclusione dell’elemento implantare, modifiche del profilo gengivale e instabilità dei contatti interprossimali.
2) Che cosa ci dice la letteratura sui mascellari in crescita?
Le evidenze, pur eterogenee, concordano nell’indicare l’infraocclusione degli impianti anteriori come evento prevedibile nel follow‑up nei soggetti giovani trattati con riabilitazioni implanto-protesiche degli elementi anteriori.
In uno studio su adolescenti in cui sono stati posizionati impianti in età tra i 13 e i 17 anni sono state descritte discrepanze verticali cumulative dell’ordine di decimi di millimetro/anno (medie ~0,1 mm/anno, con range globali fino a ~2 mm), spesso associate a modifiche dei tessuti molli peri‑implantari e alla necessità di adattamenti protesici.
Un certo grado di migrazione dentaria persiste anche nell’adulto: studi a lungo termine hanno documentato variazioni verticali medie ~0,08 mm/anno per periodi fino a 15 anni, più marcate nei giovani adulti e quando l’inserimento implantare è differito rispetto all’immediato.
Il fenomeno inoltre risulta più rilevante nei settori anteriori, a 14–20 anni dall’inserimento di impianti singoli anteriori sono stati misurati movimenti tridimensionali dei denti vicini fino a 2,5 mm. L’infraocclusione risulta più probabile in presenza di LAFH elevata (Lower Anterior Facial Height), intesa operativamente con un valore ≥ 70 mm (misura cefalometrica ANS–Me), specialmente nei siti laterale/canino.
3) Perché spesso conviene rimandare l’impianto?
Posticipare l’intervento alla maturità scheletrica consente di preservare i volumi, posizionare la fixture in modo più stabile nel lungo termine e ridurre il carico manutentivo (ritocchi occlusali/protesici, correzioni dei tessuti molli, eventuali sostituzioni).
4) Quali alternative evidence‑based considerare prima della maturità scheletrica?
Soluzioni protesiche adesive (di tipo Maryland bridge) o provvisori rimovibili mantengono estetica e spazio con minima invasività, rinviando la decisione implantare al termine della crescita.
Nel giovane, anche l’autotrapianto dentale con elemento donatore a radice immatura rappresenta un’opzione biologicamente favorevole: la presenza di legamento parodontale vitale conserva propriocezione e capacità di adattamento alla crescita, con buone percentuali di sopravvivenza a medio‑lungo termine quando sono rispettati la preservazione del PDL, l’estrazione atraumatica, la pianificazione 3D e l’immobilizzazione funzionale corretta.
Tutte queste strategie evitano la sequenza di adattamenti legata all’impianto precoce e preservano condizioni migliori per la stabilità estetica a lungo termine.
5) Se si decide per l’impianto, come impostare il protocollo?
Quando l’indicazione è appropriata, è necessaria una selezione rigorosa del caso basata su indici clinici e cefalometrici di crescita stabilizzata. Devono essere considerati i fattori di rischio per un’infraocclusione, tra cui LAFH aumentata (altezza facciale anteriore inferiore maggiore), biotipo sottile e sede incisivo‑laterale. Si consiglia una pianificazione digitale, con integrazione DICOM‑STL, ceratura virtuale e, quando utile, chirurgia guidata; l’obiettivo è una posizione 3D protesicamente guidata, un profilo di emergenza neutro e contatti occlusali non forzati, per agevolare eventuali re‑contouring futuri. Sul timing di inserimento, dati longitudinali indicano che l’inserimento immediato possa associarsi a minori migrazioni relative rispetto al differito, pur senza annullare il rischio di discrepanze verticali nel tempo. Il follow‑up deve essere strutturato (fotografie standardizzate, radiografie periapicali quando indicate, CBCT solo se necessaria, registrazione di indici parodontali e parametri protesici), con controlli ravvicinati nel primo anno e successivamente annuali. Il consenso informato deve esplicitare il rischio di infraocclusione progressiva, la possibilità di movimenti tridimensionali dei denti adiacenti nel lungo termine e la concreta eventualità di revisioni o sostituzioni protesiche.
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