La valutazione degli aspetti prognostici rappresenta un elemento imprescindibile nella gestione dei trattamenti endodontici. Comprenderne l’impatto consente non solo di orientare con maggiore consapevolezza le scelte terapeutiche, ma anche di interpretare correttamente gli esiti clinici e di favorire una comunicazione più chiara con il paziente riguardo alle diverse opzioni disponibili.
Qual è il fattore preoperatorio che condiziona maggiormente gli esiti del trattamento endodontico?
La comprensione della prognosi richiede un’analisi accurata del quadro preoperatorio. Come evidenziato da Gulabivala & Ng (2023), la condizione biologica iniziale è uno dei fattori più influenti sugli esiti del trattamento.
In assenza di segni di parodontite periapicale, la possibilità di mantenere tale condizione dopo il trattamento si colloca mediamente tra il 90% e il 99%, a condizione che vengano rispettati i principi di asepsi e un corretto protocollo operativo.
Quando è presente una lesione periapicale, la maggiore complessità microbiologica può rendere più difficile ottenere una completa decontaminazione dei canali radicolari. Questo può contribuire a spiegare perché la guarigione radiografica possa richiedere tempi molto variabili, in alcuni casi si prolunghi per anni prima di una risoluzione completa, e talora la risoluzione non avvenga, benchè in assenza di sintomatologia. In presenza di lesione, la probabilità di ottenere una completa guarigione radiografica risulta inferiore e caratterizzata da un’ampia variabilità: nella maggior parte degli studi si colloca mediamente tra il 70% e l’85%, con valori che tendono a ridursi ulteriormente nei casi con lesioni più ampie o presenti da lungo tempo.
Come sta cambiando la valutazione dell’outcome?
La Società Europea di Endodonzia (ESE) ha recentemente pubblicato Linee Guida di livello S3, sviluppate attraverso revisioni sistematiche e un processo formale di consenso all’interno di un gruppo multidisciplinare di esperti, con l’obiettivo di definire raccomandazioni evidence-based per la gestione delle patologie pulpari e apicali.
Tra gli elementi di particolare interesse, le Linee Guida adottano un approccio basato su molteplici outcome di maggiore rilevanza — tra cui la sopravvivenza del dente e la guarigione radiografica — introducendo una visione che considera simultaneamente diversi parametri clinici.
All’interno di questo approccio, è la sopravvivenza del dente a emergere come outcome centrale per le diverse procedure considerate — dalla vital pulp therapy al trattamento endodontico primario, dal ritrattamento alla chirurgia endodontica fino alle procedure rigenerative — confermandone il ruolo nella valutazione complessiva degli esiti clinici.
Ci si riferisce alla sopravvivenza quando, dopo il trattamento endodontico, si ottiene la scomparsa di segni o sintomi e il dente è perfettamente funzionale, pur non essendo avvenuta la completa guarigione radiografica della radiotrasparenza preoperatoria.
La valutazione degli outcome endodontici si sta quindi progressivamente spostando da una lettura basata su un singolo indicatore, il successo secondo i criteri più stretti
– assenza di segni e sintomi associata a completa risoluzione della radiotrasparenza – a un approccio più ampio e articolato.
La letteratura recente evidenzia infatti una crescente attenzione verso una distinzione tra:
- guarigione biologica, intesa come risoluzione completa della lesione periapicale;
- sopravvivenza del dente, che considera la permanenza funzionale in arcata, anche in presenza di reperti radiografici non completamente risolti.
Fransson e Dawson (2023) hanno evidenziato come molti denti trattati endodonticamente rimangano funzionali e privi di sintomi nonostante segni radiografici persistenti di non completa risoluzione, secondo il concetto di functional retention (Friedman & Mor 2004).
Come si comportano i denti trattati endodonticamente quando li osserviamo nel tempo?
Un recente e significativo contributo scientifico è rappresentato dallo studio longitudinale di Van Nieuwenhuysen et al. (2023), che ha analizzato una coorte seguita per oltre 25 anni. Lo studio evidenzia come, nel lungo periodo:
- la proporzione di denti con guarigione completa tenda a diminuire progressivamente;
- la conservazione del dente in arcata si mantenga più elevata rispetto alla guarigione radiografica;
- poche variabili risultino realmente predittive dell’esito finale, tra cui il dolore pre-operatorio, la dimensione della lesione, il tipo di dente e la presenza di complicazioni preesistenti.
Di particolare interesse, lo studio segnala come molti dettagli tecnici del trattamento -tra cui variazioni nel tipo di strumentazione, nella tecnica di sagomatura, nei protocolli di irrigazione utilizzati o nelle caratteristiche del materiale da otturazione – abbiano un impatto meno determinante rispetto a quanto storicamente ipotizzato. Ciò conferma la priorità del quadro iniziale e dei fattori post-operatori nel determinare gli esiti nel lungo periodo.
In che modo la struttura dentale residua e il tipo di restauro condizionano il mantenimento del dente trattato endodonticamente?
La fase restaurativa gioca un ruolo cruciale nella prognosi a lungo termine. Diverse analisi, inclusa quella di Fransson e Dawson (2023), indicano che i denti restaurati con soluzioni indirette tendono a rimanere in arcata più a lungo, verosimilmente grazie alla maggiore protezione conferita alla struttura residua.
Un aspetto spesso decisivo è infatti rappresentato dal rischio di frattura radicolare, evento che comporta quasi sempre l’estrazione e che risulta influenzato da vari fattori, fra cui:
- quantità e distribuzione della dentina residua;
- geometria del dente e del sistema canalare;
- sollecitazioni occlusali;
- adeguatezza del piano restaurativo.
La frattura rappresenta una causa di perdita del dente indipendente dagli esiti endodontici, confermando l’importanza di una valutazione prognostica integrata che tenga in considerazione anche gli aspetti restaurativi degli elementi dentari.
Conclusioni
La prognosi endodontica va intesa come un processo dinamico che richiede una lettura integrata del quadro iniziale, considerando in modo congiunto aspetti biologici, strutturali e funzionali del dente. Le percentuali riportate in letteratura rappresentano un orientamento utile, ma il singolo caso clinico deve essere interpretato attraverso un’analisi ponderata che tenga conto delle specificità del paziente e delle caratteristiche dell’elemento dentario. La sopravvivenza dei denti trattati endodonticamente dipende anche da aspetti biomeccanici e restaurativi, e non esclusivamente dall’esito biologico della terapia canalare, né dalla tecnica utilizzata.Per questo motivo, la sopravvivenza è sempre più considerata un outcome clinicamente rilevante, poiché rappresenta ciò che incide maggiormente sulla funzione masticatoria e sul comfort del paziente.
Bibliografia
- Gulabivala K, Ng YL. Factors that affect the outcomes of root canal treatment and retreatment. Int Endod J. 2023;56:82-115.
- Fransson H, Dawson V. Tooth survival after endodontic treatment. Int Endod J. 2023;56:140-153.
- Duncan HF, Kirkevang LL, Peters OA, El-Karim I, Krastl G, Del Fabbro M, Chong BS, Galler KM, Segura-Egea JJ, Kebschull M; ESE Workshop Participants and Methodological Consultant. Treatment of pulpal and apical disease: The European Society of Endodontology (ESE) S3-level clinical practice guideline. Int Endod J. 2023;56:238-295.
- Friedman S, Mor C. The success of endodontic therapy–healing and functionality. J Calif Dent Assoc. 2004;32:493-503.
- Van Nieuwenhuysen JP, D’Hoore W, Leprince JG. What ultimately matters in root canal treatment success and tooth preservation: A 25-year cohort study. Int Endod J. 2023;56:544-557.
